Milano, Palazzo Reale
5 marzo - 29 giugno 2008 > prorogata al 24 agosto 2008
Francis Bacon è unanimemente riconosciuto come l’ultimo dei grandi maestri del Novecento, ma una rassegna a lui dedicata manca in Italia dal 1993. Nonostante ciò, l’opera di Bacon è conosciuta e apprezzata da un vasto pubblico per la capacità con la quale il grande artista ha saputo interpretare le universali inquietudini del suo secolo.
La mostra di Milano, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e da Skira Editore, con il patrocinio e il contributo della Regione Lombardia ed è prodotta da Palazzo Reale e Skira in collaborazione con Arthemisia.
Un’esposizione che vuole porsi, per completezza e rigore, nel filone degli importanti omaggi che internazionalmente sono stati dedicati al grande Maestro, rappresentando l’occasione per molti di potersi confrontare per la prima volta con le opere di questo straordinario artista. Main Sponsor della mostra è Barclays, la Banca inglese presente in oltre 50 Paesi del mondo tra i quali l’Italia, da sempre attenta alla cultura e vicina alle istituzioni nel promuovere grandi eventi artistici e capace di riconoscere l’eccellenza e il talento sostenendolo in modo significativo, come nel caso di Bacon. Sostengono la mostra anche Vodafone e Corriere della Sera.
Milano anticipa inoltre i futuri omaggi al grande artista che saranno resi nel 2009, centenario della sua nascita, dalla Tate di Londra, dal Prado di Madrid e dal Metropolitan di New York.
L’esposizione, che costituisce dunque uno degli eventi più importanti della stagione culturale milanese, presenta le fasi salienti della ricerca pittorica di Bacon, attraverso opere provenienti dai più importanti Musei e collezioni di tutto il mondo, in particolare da Francia, Belgio, Gran Bretagna, Portogallo, Germania, Austria, Svizzera, Paesi Bassi, Finlandia, Israele, Stati Uniti d’America, Venezuela, Messico, Giappone, Australia e Taiwan. Il progetto scientifico dell’esposizione è curato dal Professor Rudy Chiappini, già commissario nel 1993, in qualità di direttore del Museo d’Arte Moderna di Lugano, della prima mostra postuma dedicata al pittore.
La mostra di Palazzo Reale ha carattere antologico e costituisce un’occasione privilegiata per avvicinarsi all’opera di Francis Bacon, consentendo una lettura complessiva del suo percorso artistico.
Il nucleo dell’esposizione prevede la selezione di oltre cento opere quasi tutte inedite per l’Italia, per un totale di ottantadue dipinti considerando lo sviluppo dei dittici e dei trittici, ai quali si aggiungono una quindicina di disegni e altrettanti oggetti che fanno parte del materiale d’archivio e sui quali l’artista è intervenuto. Un percorso completo che parte dai primissimi dipinti realizzati negli anni Trenta, che rivelano un Bacon ancora alla ricerca di un linguaggio personale ma già attratto dalla deformazione e dall’ambiguità delle figure riprodotte, fino agli ultimi grandi trittici, in particolare quelli dedicati al compagno John Edwards, nei quali il tormento esistenziale dell’artista sembra intravedere orizzonti di una sofferta serenità.
L’esposizione si apre con un gruppo di importanti opere su carta di grande rilevanza ritrovate soltanto dopo la morte dell’artista e finora mai presentate in Italia. Questi disegni forniscono nuove decisive indicazioni per la comprensione del percorso creativo di Bacon, ancora poco studiato e che fino a pochi anni fa si riteneva prescindesse da qualsiasi forma di studio preparatorio e di bozzetto.
La City Gallery The Hugh Lane di Dublino, città natale dell’artista, ha inoltre ricevuto in eredità l’intero atelier di Bacon a Londra, che espone dal 2001 in modo permanente e conserva preziosi reperti fotografici di straordinaria importanza per rivelare le sue molteplici fonti ispirative, dalle vecchie fotografie di Eadweard Muybridge a preziosi fotogrammi di film di Ejzenstejn, da immagini rielaborate tratte da libri di anatomia a riproduzioni di dipinti sui quali l’artista è intervenuto graficamente. Una stanza di Palazzo Reale presenta così, per la prima volta in Italia, la riproduzione fotografica, dell’atelier di Bacon al 7 di Reece Mews, South Kensington, Londra, il microcosmo più intimo dell’artista, dove egli ha abitato dal 1961 al 1992 e dove erano assemblati insieme colori e tele, fotografie e oggetti, libri e carte, schizzi e appunti, qualsiasi cosa potesse ispirarlo, in un assemblaggio caotico e da artista “maledetto”, in totale contrasto con l’ordine maniacale della stanza accanto che fungeva da casa con cucina, bagno e camera da letto. Bacon, pur avendo raggiunto in vita una grande notorietà e disponendo di notevoli mezzi finanziari, aveva infatti uno stile di vita quasi monacale.
La mostra prosegue con i dipinti del primo dopoguerra, quando Bacon si afferma sulla scena internazionale grazie agli Studi di figura (1945-1946), e soprattutto alla serie delle Teste (1949) che nella loro drammaticità preludono a una delle tematiche più celebri e affascinanti dell’artista: quella dedicata ai papi.
Bacon considerava il Ritratto di papa Innocenzo X di Velázquez uno dei quadri più importanti della storia ed era ossessionato dalla sua perfezione. In mostra sono esposti alcuni lavori su questo tema, con il quale l’artista, attraverso gli anni, si è confrontato almeno una quindicina di volte, realizzando alcuni tra i capolavori assoluti dell’arte moderna, e facendo assurgere l’immagine del papa a metafora della condizione umana, tra disperazione e follia: il più straordinario è Papa I (1951) dalla Art Gallery di Aberdeen.
Un’attenzione particolare viene poi posta nel documentare l’attività di Bacon negli anni Cinquanta, rivolta ai ritratti, di amici o eseguiti su commissione, come la serie Uomo in blu. Questi dipinti mantengono un carattere piuttosto misterioso e sinistro: figure incorporee e spettrali, volti argentei e sfocati, corpi che svaniscono nell’oscurità nero-inchiostro. In questo decennio Bacon realizza i lavori più importanti.
Nel decennio successivo, i suoi personaggi iniziano ad apparire in uno spazio meglio definito e brillantemente illuminato. Non si tratta più di presenze vaghe e indistinte, ma di figure che possiedono solidità e volume, unitamente a un’accresciuta espressività, come testimoniano i ritratti di cari amici come Henrietta Moraes, Isabel Rawsthorne, dell’amato George Dyer o del grande pittore Lucian Freud, cui Bacon è legato da amicizia e rispetto.
I grandi trittici degli anni Settanta evidenziano poi che, una volta raggiunta la piena maturità stilistica, Bacon porta all’esasperazione l’attenzione rivolta al soggetto, come se l’artista perseguisse un unico obiettivo: quello di penetrare i misteriosi e oscuri meandri dell’animo umano. Un viaggio nell’interiorità dell’individuo e al tempo stesso nell’attualità di una società sconvolta, scandito dalle figure anonime che urlano nelle loro gabbie, dalla sensualità e dall’erotismo provocatoriamente esibiti, dal senso della morte e dalla voluttuosità vitalistica presenti nei suoi capolavori. Tra i vari esempi in mostra, ricordiamo Tre studi di uomo di spalle dal Kunsthaus di Zurigo e Trittico proveniente dalla National Gallery di Canberra, in Australia.
Non mancano poi altri straordinari d’après, dopo Velázquez, come Edipo e la sfinge da Ingres (1983) dal Museu Berardo di Lisbona.
Sono presi infine in esame gli ultimi anni, quando il carattere furioso e visionario, tipico dei dipinti degli anni Sessanta e Settanta, viene temperato da una concezione meno appassionata ma non meno realistica e lucida. L’opera di Bacon subisce ora un processo di riduzione all’essenza del racconto, in alcuni casi spinto fino all’estremizzazione, con poche macchie di colore raggrumato in uno sfondo neutro.
Una mostra così concepita si presenta quindi come un’occasione unica per avvicinarsi all’opera di Francis Bacon: consente una lettura complessiva del suo percorso artistico sviluppatosi nell’arco di oltre mezzo secolo e rivela, attraverso materiale per lo più inedito, aspetti particolari e assolutamente originali della sua creatività.
Il catalogo della mostra edito da Skira ha il carattere di una monografia aggiornata sull’opera di Bacon: oltre al saggio introduttivo di Rudy Chiappini, curatore della mostra, contiene gli scritti di Fabrice Hergott, già responsabile della mostra di Bacon al Centre Pompidou e direttore del Musée de la Ville a Parigi, di Christoph Heinrich, curatore di arte moderna e contemporanea all’Art Museum di Denver, di Jean Louis Schefer, teorico dell’arte e saggista francese e di Barbara Dawson, direttrice della City Gallery The Hugh Lane di Dublino, che conserva l’atelier di Bacon, oltre alle schede descrittive delle opere stilate da Francesca Marini, alla biografia di Gaia Regazzoni e alle immagini a colori di tutte le opere esposte.
L’allestimento della mostra, molto essenziale e minimalista, concepito per rendere assolute protagoniste le sole opere di Bacon, è a cura di Cesare Mari. L’immagine grafica della mostra è di Pierluigi Cerri.
Uffici Stampa:
Ufficio Stampa Mostra:
Lucia Crespi, tel 02 89415532, 338 8090545, lucia@luciacrespi.it
Ufficio Stampa Arthemisia:
Alessandra Zanchi, tel. 0721 370956, 349 5691710, az@arthemisia.it
Ufficio Stampa Comune di Milano:
Martina Liut, tel. 02 88450150/6796, martina.liut@comune.milano.it
Ufficio Stampa Barclays
Andrea Faravelli, tel. 02 48000250, 328 4909501, a.faravelli@pmsgroup.it
L’ARTISTA
Francis Bacon (Dublino 1909 - Madrid 1992) viene unanimemente considerato dalla critica tra i massimi artisti della seconda metà del XX secolo.
Egli approda, fin dai primi anni Cinquanta, a una pittura basata su una forte carica drammatica, che distorce la realtà e l’umanità in un racconto espressivo ai limiti della figurazione, denunciando in ogni suo dipinto le ipocrisie e le finzioni della nostra società.
La sua opera, dai piccoli intensissimi ritratti ai monumentali trittici, risulta contraddistinta da valenze simboliche del tutto personali, ricche di allusioni cinematografiche, letterarie e religiose, ed è sostenuta da un’eccezionale perizia esecutiva e da una profonda partecipazione emozionale. In questo senso, costituisce un corpus senza eguali nella storia artistica degli ultimi cinquant’anni. Bacon non esprime la drammaticità di una condizione astratta della vita umana, ma il sentimento interiore dell’esistere, individuale e intimo. Questo lo spinge a un’espressione violentemente tragica, a immagini forti e di intensa drammaticità, che rappresentano il tratto specifico dell’uomo moderno.
La sua interpretazione, carica di energia esplosiva e di disperazione, del sentimento della vita umana, risulta molto più vera di qualsiasi rappresentazione realistica: per la sua totale soggettività, tocca in profondità la sensibilità più intima dell’osservatore.
La grandezza dell’opera di Bacon nel panorama artistico del XX secolo consiste nel fatto che la sua pittura, pur muovendo esclusivamente dall’esperienza della quotidianità, non ha nulla di realistico, nel senso che non è vincolata a nessun canone di raffigurazione.
La sua opera rivela la sua omosessualità e una personalità complessa, al limite del “disturbo psichico”, evidenziata dalla sua passione, sin da giovane, per la deformità, la malattia, la mutilazione. Alcune immagini di bambini deformi o mutilati, ritrovate nel suo studio, riecheggiano poi, benché trasformate e trasfigurate, in molte sue opere.
Bacon è un uomo tormentato che dipinge a partire dalla propria esperienza esistenziale, e la sua pittura si rivela autentica ed efficace proprio per la capacità di colpire la sensibilità più profonda e oscura dell’individuo. In questo senso, egli ha contribuito in modo straordinario ad ampliare la tradizione figurativa occidentale, attraverso immagini emblematiche della violenza e dell’angoscia caratteristiche della nostra epoca.
Nessuno più di Bacon ha saputo esprimere, dopo il dramma epocale della seconda guerra mondiale, la tragedia dell’individuo all’interno di una società esteriormente vincente e irresistibilmente protesa verso un progresso portatore di benessere, e al tempo stesso la denuncia di tutti gli aspetti oscuri dell’esistenza.
Per questa ragione, Francis Bacon è un artista indispensabile alla conoscenza dell’uomo moderno.
LE PRINCIPALI MOSTRE DEDICATE A FRANCIS BACON
A partire dalla sua morte, sopraggiunta a Madrid il 28 aprile 1992, numerose sono state le mostre dedicate all’opera dell’artista in importanti musei di tutto il mondo. La prima esposizione postuma è stata promossa nel 1993 al Museo d’Arte Moderna di Lugano, a cura di Rudy Chiappini, immediatamente seguita dalla rassegna al Museo Correr di Venezia nell’ambito della XLV Biennale, dove furono esposte trentacinque opere di Bacon.
Successivamente, retrospettive ed esposizioni a tema si sono tenute al Centre Pompidou (1996), al Louisiana Museum di Humlebæk (1998), al Fine Art Museum di San Francisco (1999), al Geementemuseun dell’Aia (2001), alla City Gallery The Hugh Lane di Dublino (2001), dove è conservato il materiale dello studio di Bacon, al Kunsthistorisches Museum di Vienna (2003), alla Kunsthalle di Amburgo (2005).
Queste mostre si sono spesso rivelate dei veri e propri eventi, suscitando non solo l’interesse della critica e degli addetti ai lavori, ma soprattutto destando ammirazione e stupore nel pubblico, confrontato con i capolavori di un artista indubbiamente assai noto e circondato da una straordinaria fama, ma sostanzialmente raramente esposto.
In Italia, una mostra su Bacon manca da quindici anni, e in particolare a Milano, salvo alcune sporadiche apparizioni in gallerie private - l’ultima delle quali nel 1972 alla Galleria Il Milione, dove fu venduto un solo lavoro del Maestro -, la sua opera non è finora mai stata presentata in una sede museale.
5 marzo - 29 giugno 2008 > prorogata al 24 agosto 2008
Francis Bacon è unanimemente riconosciuto come l’ultimo dei grandi maestri del Novecento, ma una rassegna a lui dedicata manca in Italia dal 1993. Nonostante ciò, l’opera di Bacon è conosciuta e apprezzata da un vasto pubblico per la capacità con la quale il grande artista ha saputo interpretare le universali inquietudini del suo secolo.
La mostra di Milano, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e da Skira Editore, con il patrocinio e il contributo della Regione Lombardia ed è prodotta da Palazzo Reale e Skira in collaborazione con Arthemisia.
Un’esposizione che vuole porsi, per completezza e rigore, nel filone degli importanti omaggi che internazionalmente sono stati dedicati al grande Maestro, rappresentando l’occasione per molti di potersi confrontare per la prima volta con le opere di questo straordinario artista. Main Sponsor della mostra è Barclays, la Banca inglese presente in oltre 50 Paesi del mondo tra i quali l’Italia, da sempre attenta alla cultura e vicina alle istituzioni nel promuovere grandi eventi artistici e capace di riconoscere l’eccellenza e il talento sostenendolo in modo significativo, come nel caso di Bacon. Sostengono la mostra anche Vodafone e Corriere della Sera.
Milano anticipa inoltre i futuri omaggi al grande artista che saranno resi nel 2009, centenario della sua nascita, dalla Tate di Londra, dal Prado di Madrid e dal Metropolitan di New York.
L’esposizione, che costituisce dunque uno degli eventi più importanti della stagione culturale milanese, presenta le fasi salienti della ricerca pittorica di Bacon, attraverso opere provenienti dai più importanti Musei e collezioni di tutto il mondo, in particolare da Francia, Belgio, Gran Bretagna, Portogallo, Germania, Austria, Svizzera, Paesi Bassi, Finlandia, Israele, Stati Uniti d’America, Venezuela, Messico, Giappone, Australia e Taiwan. Il progetto scientifico dell’esposizione è curato dal Professor Rudy Chiappini, già commissario nel 1993, in qualità di direttore del Museo d’Arte Moderna di Lugano, della prima mostra postuma dedicata al pittore.
La mostra di Palazzo Reale ha carattere antologico e costituisce un’occasione privilegiata per avvicinarsi all’opera di Francis Bacon, consentendo una lettura complessiva del suo percorso artistico.
Il nucleo dell’esposizione prevede la selezione di oltre cento opere quasi tutte inedite per l’Italia, per un totale di ottantadue dipinti considerando lo sviluppo dei dittici e dei trittici, ai quali si aggiungono una quindicina di disegni e altrettanti oggetti che fanno parte del materiale d’archivio e sui quali l’artista è intervenuto. Un percorso completo che parte dai primissimi dipinti realizzati negli anni Trenta, che rivelano un Bacon ancora alla ricerca di un linguaggio personale ma già attratto dalla deformazione e dall’ambiguità delle figure riprodotte, fino agli ultimi grandi trittici, in particolare quelli dedicati al compagno John Edwards, nei quali il tormento esistenziale dell’artista sembra intravedere orizzonti di una sofferta serenità.
L’esposizione si apre con un gruppo di importanti opere su carta di grande rilevanza ritrovate soltanto dopo la morte dell’artista e finora mai presentate in Italia. Questi disegni forniscono nuove decisive indicazioni per la comprensione del percorso creativo di Bacon, ancora poco studiato e che fino a pochi anni fa si riteneva prescindesse da qualsiasi forma di studio preparatorio e di bozzetto.
La City Gallery The Hugh Lane di Dublino, città natale dell’artista, ha inoltre ricevuto in eredità l’intero atelier di Bacon a Londra, che espone dal 2001 in modo permanente e conserva preziosi reperti fotografici di straordinaria importanza per rivelare le sue molteplici fonti ispirative, dalle vecchie fotografie di Eadweard Muybridge a preziosi fotogrammi di film di Ejzenstejn, da immagini rielaborate tratte da libri di anatomia a riproduzioni di dipinti sui quali l’artista è intervenuto graficamente. Una stanza di Palazzo Reale presenta così, per la prima volta in Italia, la riproduzione fotografica, dell’atelier di Bacon al 7 di Reece Mews, South Kensington, Londra, il microcosmo più intimo dell’artista, dove egli ha abitato dal 1961 al 1992 e dove erano assemblati insieme colori e tele, fotografie e oggetti, libri e carte, schizzi e appunti, qualsiasi cosa potesse ispirarlo, in un assemblaggio caotico e da artista “maledetto”, in totale contrasto con l’ordine maniacale della stanza accanto che fungeva da casa con cucina, bagno e camera da letto. Bacon, pur avendo raggiunto in vita una grande notorietà e disponendo di notevoli mezzi finanziari, aveva infatti uno stile di vita quasi monacale.
La mostra prosegue con i dipinti del primo dopoguerra, quando Bacon si afferma sulla scena internazionale grazie agli Studi di figura (1945-1946), e soprattutto alla serie delle Teste (1949) che nella loro drammaticità preludono a una delle tematiche più celebri e affascinanti dell’artista: quella dedicata ai papi.
Bacon considerava il Ritratto di papa Innocenzo X di Velázquez uno dei quadri più importanti della storia ed era ossessionato dalla sua perfezione. In mostra sono esposti alcuni lavori su questo tema, con il quale l’artista, attraverso gli anni, si è confrontato almeno una quindicina di volte, realizzando alcuni tra i capolavori assoluti dell’arte moderna, e facendo assurgere l’immagine del papa a metafora della condizione umana, tra disperazione e follia: il più straordinario è Papa I (1951) dalla Art Gallery di Aberdeen.
Un’attenzione particolare viene poi posta nel documentare l’attività di Bacon negli anni Cinquanta, rivolta ai ritratti, di amici o eseguiti su commissione, come la serie Uomo in blu. Questi dipinti mantengono un carattere piuttosto misterioso e sinistro: figure incorporee e spettrali, volti argentei e sfocati, corpi che svaniscono nell’oscurità nero-inchiostro. In questo decennio Bacon realizza i lavori più importanti.
Nel decennio successivo, i suoi personaggi iniziano ad apparire in uno spazio meglio definito e brillantemente illuminato. Non si tratta più di presenze vaghe e indistinte, ma di figure che possiedono solidità e volume, unitamente a un’accresciuta espressività, come testimoniano i ritratti di cari amici come Henrietta Moraes, Isabel Rawsthorne, dell’amato George Dyer o del grande pittore Lucian Freud, cui Bacon è legato da amicizia e rispetto.
I grandi trittici degli anni Settanta evidenziano poi che, una volta raggiunta la piena maturità stilistica, Bacon porta all’esasperazione l’attenzione rivolta al soggetto, come se l’artista perseguisse un unico obiettivo: quello di penetrare i misteriosi e oscuri meandri dell’animo umano. Un viaggio nell’interiorità dell’individuo e al tempo stesso nell’attualità di una società sconvolta, scandito dalle figure anonime che urlano nelle loro gabbie, dalla sensualità e dall’erotismo provocatoriamente esibiti, dal senso della morte e dalla voluttuosità vitalistica presenti nei suoi capolavori. Tra i vari esempi in mostra, ricordiamo Tre studi di uomo di spalle dal Kunsthaus di Zurigo e Trittico proveniente dalla National Gallery di Canberra, in Australia.
Non mancano poi altri straordinari d’après, dopo Velázquez, come Edipo e la sfinge da Ingres (1983) dal Museu Berardo di Lisbona.
Sono presi infine in esame gli ultimi anni, quando il carattere furioso e visionario, tipico dei dipinti degli anni Sessanta e Settanta, viene temperato da una concezione meno appassionata ma non meno realistica e lucida. L’opera di Bacon subisce ora un processo di riduzione all’essenza del racconto, in alcuni casi spinto fino all’estremizzazione, con poche macchie di colore raggrumato in uno sfondo neutro.
Una mostra così concepita si presenta quindi come un’occasione unica per avvicinarsi all’opera di Francis Bacon: consente una lettura complessiva del suo percorso artistico sviluppatosi nell’arco di oltre mezzo secolo e rivela, attraverso materiale per lo più inedito, aspetti particolari e assolutamente originali della sua creatività.
Il catalogo della mostra edito da Skira ha il carattere di una monografia aggiornata sull’opera di Bacon: oltre al saggio introduttivo di Rudy Chiappini, curatore della mostra, contiene gli scritti di Fabrice Hergott, già responsabile della mostra di Bacon al Centre Pompidou e direttore del Musée de la Ville a Parigi, di Christoph Heinrich, curatore di arte moderna e contemporanea all’Art Museum di Denver, di Jean Louis Schefer, teorico dell’arte e saggista francese e di Barbara Dawson, direttrice della City Gallery The Hugh Lane di Dublino, che conserva l’atelier di Bacon, oltre alle schede descrittive delle opere stilate da Francesca Marini, alla biografia di Gaia Regazzoni e alle immagini a colori di tutte le opere esposte.
L’allestimento della mostra, molto essenziale e minimalista, concepito per rendere assolute protagoniste le sole opere di Bacon, è a cura di Cesare Mari. L’immagine grafica della mostra è di Pierluigi Cerri.
Uffici Stampa:
Ufficio Stampa Mostra:
Lucia Crespi, tel 02 89415532, 338 8090545, lucia@luciacrespi.it
Ufficio Stampa Arthemisia:
Alessandra Zanchi, tel. 0721 370956, 349 5691710, az@arthemisia.it
Ufficio Stampa Comune di Milano:
Martina Liut, tel. 02 88450150/6796, martina.liut@comune.milano.it
Ufficio Stampa Barclays
Andrea Faravelli, tel. 02 48000250, 328 4909501, a.faravelli@pmsgroup.it
L’ARTISTA
Francis Bacon (Dublino 1909 - Madrid 1992) viene unanimemente considerato dalla critica tra i massimi artisti della seconda metà del XX secolo.
Egli approda, fin dai primi anni Cinquanta, a una pittura basata su una forte carica drammatica, che distorce la realtà e l’umanità in un racconto espressivo ai limiti della figurazione, denunciando in ogni suo dipinto le ipocrisie e le finzioni della nostra società.
La sua opera, dai piccoli intensissimi ritratti ai monumentali trittici, risulta contraddistinta da valenze simboliche del tutto personali, ricche di allusioni cinematografiche, letterarie e religiose, ed è sostenuta da un’eccezionale perizia esecutiva e da una profonda partecipazione emozionale. In questo senso, costituisce un corpus senza eguali nella storia artistica degli ultimi cinquant’anni. Bacon non esprime la drammaticità di una condizione astratta della vita umana, ma il sentimento interiore dell’esistere, individuale e intimo. Questo lo spinge a un’espressione violentemente tragica, a immagini forti e di intensa drammaticità, che rappresentano il tratto specifico dell’uomo moderno.
La sua interpretazione, carica di energia esplosiva e di disperazione, del sentimento della vita umana, risulta molto più vera di qualsiasi rappresentazione realistica: per la sua totale soggettività, tocca in profondità la sensibilità più intima dell’osservatore.
La grandezza dell’opera di Bacon nel panorama artistico del XX secolo consiste nel fatto che la sua pittura, pur muovendo esclusivamente dall’esperienza della quotidianità, non ha nulla di realistico, nel senso che non è vincolata a nessun canone di raffigurazione.
La sua opera rivela la sua omosessualità e una personalità complessa, al limite del “disturbo psichico”, evidenziata dalla sua passione, sin da giovane, per la deformità, la malattia, la mutilazione. Alcune immagini di bambini deformi o mutilati, ritrovate nel suo studio, riecheggiano poi, benché trasformate e trasfigurate, in molte sue opere.
Bacon è un uomo tormentato che dipinge a partire dalla propria esperienza esistenziale, e la sua pittura si rivela autentica ed efficace proprio per la capacità di colpire la sensibilità più profonda e oscura dell’individuo. In questo senso, egli ha contribuito in modo straordinario ad ampliare la tradizione figurativa occidentale, attraverso immagini emblematiche della violenza e dell’angoscia caratteristiche della nostra epoca.
Nessuno più di Bacon ha saputo esprimere, dopo il dramma epocale della seconda guerra mondiale, la tragedia dell’individuo all’interno di una società esteriormente vincente e irresistibilmente protesa verso un progresso portatore di benessere, e al tempo stesso la denuncia di tutti gli aspetti oscuri dell’esistenza.
Per questa ragione, Francis Bacon è un artista indispensabile alla conoscenza dell’uomo moderno.
LE PRINCIPALI MOSTRE DEDICATE A FRANCIS BACON
A partire dalla sua morte, sopraggiunta a Madrid il 28 aprile 1992, numerose sono state le mostre dedicate all’opera dell’artista in importanti musei di tutto il mondo. La prima esposizione postuma è stata promossa nel 1993 al Museo d’Arte Moderna di Lugano, a cura di Rudy Chiappini, immediatamente seguita dalla rassegna al Museo Correr di Venezia nell’ambito della XLV Biennale, dove furono esposte trentacinque opere di Bacon.
Successivamente, retrospettive ed esposizioni a tema si sono tenute al Centre Pompidou (1996), al Louisiana Museum di Humlebæk (1998), al Fine Art Museum di San Francisco (1999), al Geementemuseun dell’Aia (2001), alla City Gallery The Hugh Lane di Dublino (2001), dove è conservato il materiale dello studio di Bacon, al Kunsthistorisches Museum di Vienna (2003), alla Kunsthalle di Amburgo (2005).
Queste mostre si sono spesso rivelate dei veri e propri eventi, suscitando non solo l’interesse della critica e degli addetti ai lavori, ma soprattutto destando ammirazione e stupore nel pubblico, confrontato con i capolavori di un artista indubbiamente assai noto e circondato da una straordinaria fama, ma sostanzialmente raramente esposto.
In Italia, una mostra su Bacon manca da quindici anni, e in particolare a Milano, salvo alcune sporadiche apparizioni in gallerie private - l’ultima delle quali nel 1972 alla Galleria Il Milione, dove fu venduto un solo lavoro del Maestro -, la sua opera non è finora mai stata presentata in una sede museale.
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