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domenica 4 ottobre 2015

Asta record non solo per Picasso e Giacometti: l’arte ora sbanca il mercato

di Paolo Manazza



Vent’anni fa gridavano di gioia quando una vendita all’asta di opere d’arte raccoglieva 50 milioni di dollari. Lunedì sera a New York si è capito che il nuovo confine potrebbe essere quello di incassare 1 miliardo di dollari, in meno di due ore. L’asta Christie’s che ha incoronato Picasso re assoluto del mercato - con la battuta di Les Femmes D’Alger (Version ‘O’) a quasi 180 milioni - ha incassato alla fine un totale di 705.858.000 dollari. Sui 35 capolavori messi in vendita 34 sono stati venduti. La pittura ha centrato la sue massima stella con il Picasso. Ma anche la scultura ha trovato il suo nuovo record assoluto. La seconda star della serata newyorchese è stata Alberto Giacometti. Il suo «L’homme au doigt» è stato venduto a $141.285.000 dollari. L’esperto Jussi Pylkannen aveva affermato prima dell’asta che il mercato di Giacometti era pronto ad «avere un ulteriore sviluppo» e poteva «restare solo un ricordo» la cifra record di 103 milioni di dollari realizzati dalla vendita della scultura «L’homme qui marche I», da Sotheby’s nel febbraio 2010, comprata dalla miliardaria brasiliana Lily Safra. Pylkannen aveva ragione. I 141 milioni della vendita hanno spazzato via sia il ricordo di quel record che fece scalpore. Concepita nel 1947 dopo sei calchi di prova, L’homme au doigt è probabilmente l’unica versione in bronzo del soggetto.
La super asta Christie’s ha scolpito nella pietra altri record per artisti come Peter Doig, Jean Dubuffet, Cady Noland, Diane Arbus. Peter Doig, artista inglese (nato nel 1959) tra il 2013 e il 2014 ha visto una forte crescita dei prezzi. Solo l’anno scorso sono stati realizzati i suoi tre risultati più alti in assoluto in asta. Il suo «Swamped», un grande olio su tela dipinto nel 1990, era presentato con stima a richiesta. Si vociferava potesse arrivare intorno ai 20.000.000 dollari. E’ stato aggiudicato a $25.925.000. Record anche per Jean Dubuffet che con il grande «Paris Polka» del 1961 (aggiudicato a $24.805.000) ha triplicato abbondantemente la sua aggiudicazione precedente più alta («Cité Fantoche», 2014, 7.445.000 $).
Nuovo top price per una delle artiste donna viventi più care sul mercato, Cady Noland (classe 1956) che con «Bluewald» del 1989 venduto a $9.797.000 supera il suo top price del 2011 di 6.578.500 $. E per la straordinaria fotografa Diane Arbus con una sua opera passata di mano a $785.000. Aggiudicazioni superiori alle stime degli esperti, ma che non hanno infranto il record d’asta dell’artista, sono state quelle per Mark Rothko con «No. 36 (Black Stripe)» del 1958 venduto per $40,485,000. Stessa cifra per la veduta del Parlamento a Londra visto dalla sponda del Tamigi realizzata da Claude Monet tra il 1900 e il 1901.
I quattordici tagli su rosso di Lucio Fontana, il solo rappresentate del nostro Paese in catalogo, hanno cambiato proprietario per $16.405.000 contro la stima in catalogo di 10/15 milioni. L’unico unsold della serata è stato un mobile di Alexander Calder (Untitled, h 248.9 x 132 x 4.4 cm.), del 1937 che era stato valutato $5.500.000 – $7.500.000.
Intitolata «Looking Forward to the Past», la vendita Christie’s che ha incassato 705 milioni di dollari ha proposto opere realizzate nell’arco temporale 1902 – 2011 nel tentativo -citando le parole del curatore- di illustrare le «durevoli dinamiche» alla base della creazione artistica negli anni considerati. La formula, ideata dal giovane Loic Gouzer, specialista internazionale Post-War and Contemporary Art, in collaborazione con il team internazionale Christie’s ha davvero fatto centro. Già la scorsa primavera aveva fatto incassare alla Maison di Pinault oltre $134.6 milioni di dollari con l’asta «If I Live I’ll See You Tuesday» una sorta di primo esperimento di questa tipologia di vendita “curated” che Christie’s ha replicato quest’anno con successo dopo il test del maggio 2014. Di questo passo il confine di incassare un miliardo di dollari in una manciata di minuti è più vicino. Tutto dipende dai capolavori che vengono presentati. Ormai il mercato dell’arte è maturo e globalizzato. E tutto sommato, forse, è meglio che i miliardari spendano soldi sull’arte piuttosto che investire in aridi prodotti finanziari e speculativi.


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