giovedì 8 aprile 2010

Edward Hopper

La prima grande mostra di Edward Hopper in Italia arriva a Roma


Per la prima volta in Italia, Roma e Milano rendono omaggio all’intera carriera di Edward Hopper (1882-1967) il più popolare e noto artista americano del XX secolo, con una grande rassegna antologica senza precedenti nel nostro paese.

Accolta dal pubblico con grande successo nella sede di Palazzo Reale a Milano, con oltre 200 mila visitatori, la mostra è attesissima a Roma, dove sarà aperta al pubblico il 16 febbraio 2010 nelle sale del Museo Fondazione Roma, con importanti novità: l’arrivo di altri capolavori dai musei americani, un originale e suggestivo allestimento e una nuova edizione del catalogo.

Promossa dalla Fondazione Roma, cui si deve l’impulso iniziale alla realizzazione dell’evento, grazie all’iniziativa del Presidente Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, la mostra è prodotta con il Comune di Milano – Cultura ed Arthemisia Group, in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York e la Fondation de l’Hermitage di Losanna.

“Edward Hopper – afferma Il Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente della Fondazione Roma – è senza dubbio uno degli artisti americani più significativi del XX secolo, che ha dato visibilità, trasferendoci sentimenti e sensazioni originali, ad un’America meno sfolgorante di quella che l’iconografia tradizionale ci ha trasmesso in quell’epoca. Un’America dai contorni meno monumentali, meno attrattivi: un’America del quotidiano, fatta di posti apparentemente anonimi, ma in cui pulsa la vita di tutti i giorni di quella “middle-class” che costruisce, lo si voglia riconoscere o meno, la vera forza di quella grande nazione. Nel contesto di questa America che possiamo definire in crescita tumultuosa, Hopper visualizza gli aspetti più borghesi, più intimi, dando loro tuttavia una patina originale, nella quale – con grande crudezza, frutto di una sua visione personale – ci mostra, nel contesto urbano e agricolo, i sentimenti di una stagione dell’anima che sono la conseguenza della solitudine e dell’alienazione dell’uomo.
E’ con grande orgoglio, quindi, che presentiamo questa mostra a Roma, augurandoci che questa operazione da noi promossa d’intesa con il Comune di Milano ed Arthemisia Group, realizzata grazie alla partnership con il Whitney Museum of American Arts e con la Fondazione dell’Hermitage di Losanna, oltre che rappresentare un contributo al grande artista americano, costituisca un’ulteriore testimonianza della nostra attenzione al processo di osmosi interculturale che da sempre muove l’attività del Museo della Fondazione Roma. Tutto ciò, ancora una volta a dimostrazione del mio convincimento che tali sinergie – che mettono nella condizione di operare assieme strutture pubbliche e private, senza pretese egemoniche di una sull’altra – possano dare origine ad eventi di livello internazionale, persuaso come io sono che questo sia il mezzo attraverso cui la cultura può essere diffusa in maniera razionale permettendone una fruizione più ampia”.

LA MOSTRA

A Roma nuovi eccezionali dipinti
Oltre alle 160 opere esposte alla mostra milanese, a Roma giungeranno altri grandi capolavori dell’artista, quali il bellissimo Self-Portrait del 1925-1930 e, inoltre, The Sheridan Theatre (1937), New York Interior (1921 circa), Seven A. M. (1948); South Carolina Morning (1955) accanto ai relativi disegni preparatori. Dipinti straordinari che completano il gruppo delle opere celebri già presenti a Milano, tra cui Summer Interior (1909), Pennsylvania Coal Town (1947), Morning Sun (1952), Second Story Sunlight (1960), A Woman in the Sun (1961) e la bellissima Girlie Show (1941). Un percorso, a cura di Carter Foster, che attraversa tutta la produzione di Hopper e tutte le tecniche di un artista considerato oggi un grande classico della pittura del Novecento.

Allestimento “STOP E MOTION”
Grazie al suggestivo allestimento a cura del team Master IDEA, costituito ad hoc da IDEA Associazione Italiana Exhibition Designers e guidato dall’Arch. Luca Cendali, sarà possibile ammirare Hopper in una veste del tutto diversa e originale. Il nuovo allestimento, voluto dal Presidente Emmanuele F. M. Emanuele e appositamente ideato per il Museo Fondazione Roma, prevede di far rivivere le opere di Hopper come ricostruzioni di spazi fisici, puntando soprattutto sull’elemento architettonico che il visitatore può animare.
Il pubblico avrà un’accoglienza mozzafiato, perché farà il suo ingresso in mostra attraversando una suggestiva ambientazione notturna con una ricostruzione scenografica ispirata al bar raffigurato nel noto dipinto Nighthawks (1942). Un ingresso che invita ad immergersi nel mondo di Hopper e a diventare protagonisti del dipinto, grazie ad un’operazione perfettamente in linea con la poetica dell’artista che guarda all’uomo comune come al soggetto narrativo dei suoi quadri. Uno spazio che verrà animato da eventi collaterali nel corso dell’esposizione.
Il percorso della mostra proseguirà all’insegna dell’interazione tra opere e visitatori grazie alle scenografiche e suggestive ambientazioni che seguono l’impostazione cronologica e tematica del curatore. Le scene fissate dall’artista sulla tela saranno fonte di immaginazione e dilatazione temporale per chi guarda, così come avviene nel racconto cinematografico teatrale o letterario. L’allestimento, arricchito da un’illuminazione che scandisce la dimensione spazio-temporale e da un sottofondo sonoro con rumori ispirati ai luoghi dei quadri (città, interni, campagna, mare), accompagnerà quindi l’evoluzione stilistica di Hopper e il contesto che l’ha contraddistinta, amplificando il flusso emozionale generato dai suoi dipinti. Una mostra, unica nel suo genere e ancora più coinvolgente, che si potrà vedere o rivedere nella capitale come un nuovo straordinario evento.

Saggi in catalogo
Anche il catalogo Skira dell’edizione di Roma, sarà una pubblicazione rinnovata. Oltre ai saggi di Carter Foster, Carol Troyen, Sasha Nicholas, Goffredo Fofi, Demetrio Paparoni, Luigi Sampietro, conterrà infatti anche i saggi di Vittorio Sgarbi e Marco Di Capua, e le prefazioni del Presidente della Fondazione Roma, Emmanuele F.M. Emanuele; del Sindaco di Milano, Letizia Moratti; dell’Assessore alla Cultura e alla Comunicazione del Comune di Roma, Umberto Croppi; dell’Ambasciatore degli Stati Uniti d’America presso la Repubblica Italiana e San Marino, David H. Thorne; e di Adam D. Weinberg, Alice Pratt Brown Director del Whitney Museum of American Art.

Artista
Nato e cresciuto a Nyack una piccola cittadina nello Stato di New York, Hopper studia per un breve periodo illustrazione e poi pittura alla New York School of Art con i leggendari maestri William Merritt Chase e Robert Henri. Si reca in Europa tre volte (dal 1906 al 1907, nel 1909 e nel 1910) e soprattutto le esperienze parigine lasciano in lui un segno indelebile, alimentando quel sentimento francofilo che non lo avrebbe mai abbandonato, anche dopo essersi stabilito definitivamente a New York, dal 1913.
Alto un metro e novanta, nonostante la forte presenza fisica, era famoso per la sua reticenza, scriveva o parlava pochissimo del suo lavoro. Scomparso all’età di ottantaquattro anni, la sua arte gode della stima della critica e del pubblico nel corso di tutta la carriera, nonostante il successo dei nuovi movimenti d’avanguardia, dal Surrealismo all’Espressionismo astratto, alla Pop art.
Nel 1948 la rivista “Look” lo nomina uno dei migliori pittori americani; nel 1950 il Whitney Museum organizza un’importante retrospettiva su di lui e nel 1956 il “Time” gli dedica la copertina.
Nel 1967, l’anno della sua morte, rappresenta gli Stati Uniti alla prestigiosa Bienal di São Paulo.
Da allora, l’opera di Hopper è stata celebrata in diverse mostre e ha ispirato innumerevoli pittori, poeti e registi. Eloquente il tributo del grande John Updike che in un saggio del 1995, definisce i suoi quadri “calmi, silenti, stoici, luminosi, classici”.

Percorso
La storia di Edward Hopper è indissolubilmente legata al Whitney Museum of American Art che ospitò varie mostre dell’artista, dalla prima nel 1920 al Whitney Studio Club a quelle memorabili nel museo, del 1960, 1964 e 1980. Dal 1968, grazie al lascito della vedova Josephine, il Whitney ospita tutta l’eredità dell’artista: oltre 3000 opere tra dipinti, disegni e incisioni.

A cura di Carter Foster, conservatore del Whitney Museum che ha concesso per l’occasione il nucleo più consistente di opere, la rassegna, realizzata con il coordinamento scientifico di Carol Troyen, vanta tuttavia importanti prestiti anche dal Brooklyn Museum of Art di New York, dal Terra Foundation for American Art di Chicago, dal Columbus Museum of Art e per la sede di Roma anche dal Newark Museum del New Jersey.

Suddivisa in sette sezioni, seguendo un ordine tematico e cronologico, l’esposizione italiana ripercorre tutta la produzione di Hopper, dalla formazione accademica agli anni in cui studiava a Parigi, fino al periodo “classico” e più noto degli anni ‘30, ‘40 e ’50, per concludere con le grandi e intense immagini degli ultimi anni. Il percorso prende in esame tutte le tecniche predilette dall’artista: l’olio, l’acquerello e l’incisione, con particolare attenzione all’affascinante rapporto che lega i disegni preparatori ai dipinti: un aspetto fondamentale della sua produzione fino ad ora ancora poco considerato nelle rassegne a lui dedicate.

Le prime sezioni “Autoritratti”, “Formazione e prime opere. Hopper illustratore” e “Hopper a Parigi” illustrano un gruppo di promettenti autoritratti, le opere del periodo accademico e quindi gli schizzi inondati di luce e le opere del periodo parigino, come il particolare dipinto Soir Bleu (1914) mai più esposto dal 1914. La sala dedicata a “La definizione dell’immagine: Hopper incisore”, con capolavori fra cui Night Shadows (1921) e Evening Wind (1921), mette in evidenza la sua tecnica elegante e quel “senso di incredibile potenzialità dell’esperienza quotidiana” che riscuote grande successo e che segna l’inizio di una felice carriera.

Nella sezione titolata “L’elaborazione di Hopper: dal disegno alla tela”, che celebra la straordinaria mano di Hopper disegnatore e il suo metodo di lavoro, viene presentato un gruppo significativo di disegni preparatori. Si potrà qui ammirare il percorso creativo di The Sheridan Theatre (1937), novità assoluta per la sede romana, oltre a quelli per Morning Sun (1952) e per il precedente New York Movie (1939), nei cui bozzetti si può vedere chiaramente come prenda forma la figura femminile: all’inizio è quasi un ritratto della moglie Jo (sua unica modella) per poi giungere alla “maschera” del cinema - uno dei temi prediletti dall’artista - assorta nei suoi pensieri e bella come una diva. Questa sezione svela quanto il “realismo hopperiano” sia spesso il frutto di una sintesi di più immagini e situazioni colte in tempi e luoghi diversi e non una semplice riproduzione dal vero. In mostra eccezionalmente anche uno dei suoi i famosi taccuini, l’Artist’s Ledger Book III, che riempiva insieme alla moglie, dove si vedono abbozzati molti dei suoi dipinti a olio.

Nelle sale dedicate a “L’erotismo di Hopper” la mostra riunisce invece alcune delle più significative immagini di donne in stati contemplativi, perlopiù nude o semi svestite, da sole e in interni, come nel bellissimo dipinto, da ammirare in più a Roma, New York Interior (1921 circa). Opere che insieme alle opere della sezione "L’essenza dell’artista. Tempo, luogo e memoria" illustrano al meglio la poetica dell’artista, il suo discreto realismo e soprattutto l’abilità nel rivelare la bellezza nei soggetti più comuni, usando spesso un taglio cinematografico, molto apprezzato dalla critica.
Hopper è stato per lungo tempo associato a suggestive immagini di edifici urbani e alle persone che vi abitavano, ma più che i grattacieli – emblemi delle aspirazioni dell’età del jazz – egli preferiva le fatiscenti facciate rosse di negozi anonimi e i ponti meno conosciuti. Tra i suoi soggetti favoriti vi sono scorci di vita nei tranquilli appartamenti della middle class, spesso intravisti dietro le finestre da un treno in corsa, immagini di tavole calde, sale di cinema, divenute delle vere e proprie icone, come testimoniano alcuni celebri capolavori esposti: Cape Cod Sunset (1934), Second Story Sunlight (1960) e A Woman in the Sun (1961) e in prima assoluta a Roma anche Seven A. M. (1948) e South Carolina Morning (1955). Hopper realizza inoltre notevoli acquerelli, durante le estati trascorse a Gloucester (Massachusetts), nel Maine, e a partire dal 1930, a Truro (Cape Cod). Difficile vedere il mare in quelle opere che raffigurano piuttosto dune di sabbia arse dal sole, fari e modesti cottage, animati da sensuosi contrasti di luce e ombra. Dipinti che evocano sempre delle storie pur lasciando irrisolte le motivazioni dei personaggi.

La mostra è arricchita di un importante apparato fotografico, biografico e storico, in cui viene ripercorsa la storia americana dagli anni ’20 agli anni ’60 del XX secolo: la grande crisi, il sogno dei Kennedy, il boom economico. Un’occasione dunque per capire meglio anche la nuova crisi di oggi e l’America di Barack Obama.

11 VOLTI SELEZIONATI PER LA NUOVA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE A ROMA: donne, uomini e bambini sono stati scelti come testimonial di una mostra davvero per tutti.

L’evento Hopper ha visto realizzarsi un eccezionale coinvolgimento di pubblico grazie anche ad una originale e nuova campagna di comunicazione, realizzata prima a Milano e ora a Roma.
Più di 2000 i partecipanti allo shooting del 18 dicembre in Galleria Alberto Sordi a Roma, dove i passanti sono stati invitati a farsi fotografare su un set fotografico allestito nel centro della città.
Una eccezionale affluenza che ha portato alla scelta di 6 scatti, con 11 soggetti tra i più accattivanti ed espressivi. Soggetti che si possono vedere nei manifesti sui mezzi di trasporto urbano, dal 12 gennaio fino all'apertura dell'esposizione, con lo slogan “L'artista preferito di (nome)? Edward Hopper!”
Tutte le foto scattate per la campagna, e autorizzate all'utilizzo, saranno inoltre proiettate in mostra.
Organizzata e ideata da Arthemisia Group, in accordo con la Fondazione Roma, questa nuova campagna di comunicazione vuole guardare alle persone come “soggetti attivi”, piuttosto che come “consumatori”, al fine di creare un evento che sia prima di tutto un’esperienza unica e coinvolgente per il visitatore.
Le persone comuni sono protagoniste e testimonial dell’annuncio della mostra di Edward Hopper, pittore della vita quotidiana per eccellenza. Un esempio creativo, popolare e unico nel suo genere, che ha dato modo al pubblico di esprimere il proprio amore per l'arte ed essere per la prima volta parte integrante di una campagna promozionale nata con e per i fruitori.

Catalogo Skira

Infoline > 199 202 202 www.edwardhopper.it

Ufficio Stampa mostra
Arthemisia Group
Alessandra Zanchi
M 349 5691710 az@arthemisia.it
Ilaria Bolognesi
M 393 9673674 ib@arthemisia.it
T 02 6596888 T 0721 370956

Ufficio Stampa
Catalogo Skira
Lucia Crespi
T 02 89415532 - 02 89401645
lucia@luciacrespi.it


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