Per la prima volta in Italia una mostra presenta oltre 100 opere di Niki de Saint-Phalle, (Neuilly-sur-Seine, 1930 – San Diego, 2002), pittrice, scrittrice, performer che ha legato il suo nome a un percorso artistico straordinario che va oltre le classificazioni e le mode, e si mescola con una vita tumultuosa e affascinante: un’energia che ritroviamo in tutte le sue opere, dalle policrome sculture (Nanas) al famosissimo giardino dei Tarocchi di Capalbio.
La rassegna si svolgerà presso il Museo Fondazione Roma (già Museo del Corso), dal 4 novembre 2009 al 17 gennaio 2010 ed è promossa dalla Fondazione Roma, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele che ha voluto rendere omaggio all’artista francese portando in Italia una mostra antologica di una celebre esponente della pop art.
“Dopo il successo ottenuto con la mostra su Hiroshige – dichiara il Presidente Emanuele - la Fondazione Roma rivolge ancora una volta il suo sguardo e la sua attenzione ad un artista universale, Niki de Saint-Phalle, che ha caratterizzato le sue opere di un’energia incontenibile, legando il suo lavoro alle vicende della sua esistenza personale, fatta di stimolazioni, di rabbia, di incontri e scontri con i protagonisti della storia dell’arte mondiale. In un interminabile percorso di ricerca, l’arte della de Saint-Phalle non è un progetto continuo che si svolge pacatamente da un punto all’altro del tempo secondo una strada riconoscibile, ma è una serie incessante di tentativi, di ricerche, di avventure che si muovono in ogni direzione e che spesso si accavallano, a volte si contraddicono, e talora si distruggono vicendevolmente. Niki de Saint-Phalle ha lasciato numerose opere nel nostro Paese e, ora, potremo godere finalmente del respiro internazione di tutta la sua arte, fedeli a quel continuo processo di osmosi interculturale che da sempre muove l’attività del Museo della Fondazione Roma. La mostra, dunque, – continua Emanuele – è un ulteriore tassello di questo progetto che la Fondazione Roma porta avanti attraverso il suo Museo, che nel corso di questo 2009 ha celebrato i primi dieci anni di attività. Dieci anni durante i quali la Fondazione ha promosso esposizioni ed eventi collaterali innovativi, che hanno contribuito sensibilmente ad arricchire l’offerta culturale della città di Roma”.
La mostra è co-prodotta ed organizzata con Arthemisia Group, a fianco della Fondazione Roma ormai da tempo nella realizzazione di progetti di successo.
Curata da Stefano Cecchetto, la rassegna si avvale della prestigiosa collaborazione della Niki Charitable Art Foundation (California), principale prestatore delle opere, e del supporto organizzativo di Comediarting.
Una mostra con caratteristiche eccezionali, anche dal punto di vista della fruizione da parte del pubblico: tutti i bambini fino a 14 anni potranno visitare la rassegna con ingresso gratuito grazie all’impegno della Fondazione Roma e di Arthemisia Group. Una iniziativa che si incontra con lo speciale rapporto che Niki de Saint-Phalle aveva con i bambini: l’artista li invitò spesso a fruire da vicino le sue opere, particolarmente adatte al pubblico dei più piccoli, chiedendo anche di interagire con esse. Per questa ragione, il Presidente Emanuele ha deciso di offrire ai giovani questa straordinaria opportunità.
L’itinerario individuato dal curatore segue il percorso interiore dell’artista e permette lo sviluppo parallelo di un’esposizione che allinea numerosi dipinti del primo periodo dell’artista, degli anni cinquanta e sessanta, insieme alle celebri sculture policrome (Nanas) per le quali Niki de Saint-Phalle è famosa in tutto il mondo.
Le oltre 100 opere che compongono la mostra provengono per la maggior parte dalla Niki Charitable Art Foundation di San Diego in California, e raccontano una storia affascinante, fatta di esperienze vissute, sia dal punto di vista artistico, sia da quello umano e personale.
Femminismo, mitologia, violenza, le inquietudini private e quelle sociali, sono i temi che permeano le opere di Niki de Saint Phalle. Opere mai disgiunte dalla sua vita e attraverso la mostra, che presenta anche una serie di fotografie, sarà possibile percepire il fil-rouge che collega le diverse e intersecate esperienze della sua tormentata vicenda artistica.
L’artista
Non c’è nessuna traccia nel background della famiglia di Niki de Saint-Phalle che faccia presagire un qualche contatto con il mondo artistico. Niki nasce in Francia a Neuilly-sur-Seine nel 1930, secondogenita di un’aristocratica famiglia di banchieri che però si trasferisce presto a New York.
Sono i viaggi in Europa dal 1952, le visite ai musei francesi e spagnoli, il fascino delle facciate gotiche delle cattedrali e l’infinito universo visionario dell’architetto catalano Antoni Gaudì, che la faranno innamorare dell’universo artistico. Ma solo dopo il grave esaurimento nervoso che la colpisce nel 1953, l’artista percepisce che l’arte è un principio di vita. In questo modo l’arte diventa una terapia, un’arma contro le convenzioni sociali, un mezzo per esprimere l’inquietudine universale in maniera assolutamente personale.
Negli anni Sessanta scopre a Parigi un mondo di artisti visionari, incantatori e sciamani che la conquistano con la forza delle idee e della creatività. Inizia così anche la lunga e proficua collaborazione con lo scultore svizzero Jean Tinguely, conosciuto nel 1955 e divenuto poi suo secondo marito nel 1971, con il quale aderisce al gruppo dei Nouveaux Réalistes.
L’artista impara a conoscere nuovi linguaggi e inizia a definire la gamma iconografica dei suoi temi; nei primi tempi il suo lavoro si concentra sulla violenza, nel contesto della ribellione giovanile verso le aggressioni mondiali; dall’Algeria, al Biafra, dal Vietnam alla Cecoslovacchia. Niki diviene celebre infatti grazie ai Tiri: una serie di azioni durante le quali l'artista stessa, e a volte anche il pubblico, sparano su rilievi in gesso dove si trovano dei sacchetti di pittura che esplodono al momento dell'impatto.
Sull’onda del movimento femminista, esplora poi la rappresentazione dell’universo femminile e realizza le bellissime Nanas, figure policrome anche di notevoli dimensioni. Sono per altro numerose le opere monumentali create per luoghi pubblici in vari paesi del mondo, tra cui l’Italia, dove realizza con l'aiuto del marito Jean Tinguely, a Garavicchio, presso Capalbio in Toscana, il celebre e meraviglioso Giardino dei Tarocchi (1979), ispirato al Parc Güell di Gaudì a Barcellona.
Trascorre in California i suoi ultimi anni, documentati nella serie di serigrafie Diario Californiano, e dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 2002, viene fondata l'organizzazione no-profit Niki Charitable Art Foundation allo scopo di promuovere e proteggere l'eredità artistica di Niki.
La mostra
Il percorso della mostra è diviso per “verifiche’” e si propone di seguire, attraverso le opere, lo sviluppo interiore dell’artista. I dipinti, i disegni, le sculture e le fotografie sono distribuiti in un percorso di quattro capitoli: “Le stanze della memoria” allestite non con il rigore vincolante dell’ordine cronologico, bensì divise per isole tematiche che raccontano la genesi e la maturità artistica di Niki in un continuo rimando di “andata e ritorno”: un gioco che rivela la fusione perfetta tra spirito e materia, tra realtà e rappresentazione, tra soggetto e oggetto di una concettualità meditata e sofferta.
Le origini
I tiri, il rapporto tra sacro e profano, la presa di coscienza della sua identità di artista, sono i temi della prima sezione con sequenza di opere come The zoo with you; Four Houses, Self-Portrait, Rocket e la serie denominata Study for King Kong. Dipinti realizzati tra gli anni cinquanta e sessanta che rimandano all’esperienza surrealista di Mirò, allo stupore sottilmente impresso di solitudine del primo Max Ernst, agli emblemi esotici ed esoterici di Victor Brauner.
Sono opere che raccontano la genesi concettuale del suo percorso artistico: dalle prime esperienze legate alle influenze surrealiste e alla fascinazione per l’opera di Antoni Guadì, fino alla consapevolezza di una metamorfosi che porta l’artista a sperimentare nuovi linguaggi e nuovi temi iconografici.
Nana Power
Nella seconda sezione entrano in scena Les Nanas: le ragazze.
Dopo l’avvento del movimento di liberazione della donna, il talento di Niki de Saint Phalle esplora l’universo femminile attraverso la realizzazione di una serie di sculture assolutamente straordinarie, fuori da ogni concezione accademica. La donna diventa protagonista assoluta; le sue forme si liberano, diventano esagerate e la distorsione cercata e voluta del soggetto mantiene una stretta corrispondenza tra forma e contenuto. Niente del lavoro di Niki è puramente decorativo: la manipolazione è la risposta ad un’esigenza interiore. La scultura, e in modo particolare Les Nanas, nascono dal desiderio di comunicare l’universo femminile in tutte le sue forme.
Nana Assise; Gwendolyn; Big lady (Black); Nana sur le dauphin e Ange Luminaire, sono gli emblemi di una ritrovata felicità creativa portata all’eccesso, esasperata fino al gigantismo.
Le sculture diventeranno poi anche lampade, vasi da fiori, tazze, obelischi, oggetti di uso quotidiano che devono essere fruiti, utilizzati e non solo ammirati per la loro estetica.
Il Giardino dei Tarocchi
Nel 1979 Niki de Saint-Phalle inizia un’impresa affascinante destinata a lasciare un segno significativo nel mondo dell’arte internazionale: una serie di sculture gigantesche ispirate al tema dei Tarocchi.
Individuato il terreno nella tenuta di Garavicchio, di proprietà della famiglia Caracciolo, nel Comune di Capalbio, l’artista immagina un percorso straordinario dove sono rappresentate le 22 carte dei Tarocchi, gli Arcani maggiori, attraverso sculture ciclopiche, alte circa 12/15 metri, ricoperte di mosaici in specchio, vetri pregiati e ceramiche, ispirate al parco Güell di Gaudì a Barcellona.
Niki inizia la sua avventura preparando disegni e bozzetti, molti dei quali esposti in mostra, e costruendo a proprie spese, in collaborazione con il marito Jean Tinguely, i primi “emblemi” di quello che diventerà lo strepitoso scenario del Giardino dei Tarocchi. I lavori furono affidati all’esperienza della mano d’opera locale, tra cui si distinsero alcuni artigiani che Niki de Saint-Phalle considerò sempre parte della sua famiglia.
Spiritual Path
Niki de Saint-Phalle e Jean Tinguely, la coppia esplosiva che ha rivoluzionato l’arte del Novecento è protagonista dell’ultima sezione. Il fermento, la passione dei sensi e il genio creativo di entrambi si fondono in un rapporto che conduce alla realizzazione di opere sempre più visionarie e imprevedibili. Le ramificazioni di questo rapporto si estendono nel corso degli anni fino a formare una trama di “forme e figure” in cui la libertà non conosce restrizioni: per Niki de Saint Phalle l’arte è il risultato di relazioni, di incontri con il mondo esterno, è una forma di amore universale che si coglie al meglio in opere quali: Could we have loved?; You are my love forever and ever and ever…; Sweet sexy Clarice; My love we won't; I rather like you a lot you fool; Jean in my heart.
La mostra si conclude infine con un consuntivo della vita di Niki, registrato personalmente dall’artista nel diario a cui si dedica quotidianamente dall’inizio degli anni novanta in California, dove vive per lunghi periodi nella sua tenuta di La Jolla, vicino a San Diego. Niki realizza una serie di opere su carta: disegni e serigrafie che diventeranno la serie qui esposta California Diary; gli eventi di ogni girono si trasformano in fogli colorati che esprimono avvenimenti e sensazioni. Un’analisi delle esperienze vissute attraverso la formulazione ordinata dei propri pensieri e delle proprie emozioni.
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FONDAZIONE ROMA
La storia della Fondazione Roma trae origine nel 1539 dalla nascita del Monte di Pietà di Roma, istituito con Bolla Pontificia di Paolo III al fine di combattere la pratica dell’usura, e prosegue nel 1836 attraverso la costituzione, con Rescritto Pontificio di Gregorio XVI e per iniziativa di benemeriti cittadini, della Cassa di Risparmio di Roma, che nel 1937 incorporò il Monte di Pietà.
La storia ha visto in seguito il sorgere della Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, che nei primi anni ’90, in attuazione della Riforma “Amato”, ha ereditato le originarie finalità di utilità sociale della Cassa di Risparmio.
Nel 2007 la Fondazione Cassa di Risparmio di Roma cambia denominazione in Fondazione Roma, allo scopo di evidenziare fin nel nome l’evoluzione identitaria avvenuta con la separazione dell’attività bancaria da quella filantropica, entrando così a pieno titolo nella categoria delle fondazioni di diritto comune, quale soggetto preposto all’organizzazione delle libertà sociali.
La Fondazione Roma rappresenta pertanto l’ultima tappa di un lungo percorso che si dipana attraverso 500 anni di storia, durante i quali, nel perseguimento delle tradizionali finalità istituzionali, essa si è profondamente trasformata e rinnovata, adeguando le iniziative di cui è protagonista in funzione del mutato contesto socio-economico: una testimonianza tangibile, fatta di progettualità attiva e risultati concreti, del legame che la unisce da sempre alla Città Eterna ed al più ampio territorio di riferimento.
Sotto la presidenza del Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, la Fondazione Roma ha avviato una nuova modalità di intervento, orientata alla realizzazione di iniziative strutturali, la maggior parte delle quali a carattere continuativo, per rispondere alle grandi “emergenze” del territorio di operatività, che comprende la città di Roma e la sua provincia, le province di Latina e Frosinone.
Abbandonata definitivamente la modalità dell’ “erogazione a pioggia”, la Fondazione Roma ha progressivamente privilegiato l’opzione per il modello operating, che le ha consentito di sviluppare una capacità progettuale autonoma, realizzando, in ciascuno dei cinque settori di intervento in cui è attiva – Sanità; Ricerca scientifica; Istruzione; Arte e cultura; Assistenza alle categorie sociali deboli – iniziative di grande valore sociale.
Attraverso il confronto costante, dinamico e costruttivo con le Istituzioni, le associazioni, gli enti pubblici ed i soggetti privati, e le realtà che operano, sia a livello locale che nazionale, nel Terzo Settore, la Fondazione Roma vive oggi una “piena cittadinanza” all’interno della dimensione della “socialità”, costituzionalmente riconosciuta e tutelata attraverso il principio di sussidiarietà, partecipazione concreta e propositiva.
Ascolto, dialogo, impegno sono i suoi tratti distintivi, che si traducono in iniziative ed interventi a favore del benessere della collettività, esempi di best practice concepiti nella prospettiva della costruzione della nuova welfare society.
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