Per la prima volta in Italia, Milano e Roma rendono omaggio all’intera carriera di Edward Hopper (1882-1967) il più popolare e noto artista americano del XX secolo, con una grande rassegna antologica senza precedenti nel nostro paese.
Accolta dal pubblico con grande successo nella sede di Palazzo Reale a Milano, con oltre 1600 visitatori al giorno, la mostra è attesissima a Roma, dove sarà inaugurata il 16 febbraio 2010 nelle sale del Museo Fondazione Roma, con importanti novità: l’arrivo di altri capolavori dai musei americani, un originale e suggestivo allestimento e una nuova edizione del catalogo.
Promossa dalla Fondazione Roma, cui si deve l’impulso iniziale alla realizzazione dell’evento, grazie all’iniziativa del Presidente Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, la mostra è realizzata in collaborazione con il Comune di Milano - Cultura, il Whitney Museum of American Art di New York e la Fondation de l’Hermitage di Losanna; coprodotta e organizzata da Arthemisia Group, proseguirà alla Fondation de l’Hermitage di Losanna, dal 25 giugno al 17 ottobre 2010.
“Edward Hopper – afferma Il Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente della Fondazione Roma – è il cantore inquieto e originale di quell’America del quotidiano, che rifugge dal glorificare la potenza economica statunitense, per preferire, al contrario, il volto della tranquillità ordinata e riservata, i silenzi delle case e della gente della middle class. Hopper può definirsi uno dei massimi poeti della solitudine, dell’isolamento, del senso di estraniamento urbano del secolo scorso, eppure, questo evento da me fortemente voluto in Italia, oltre a rappresentare un tributo al grande artista americano, costituisce una celebrazione della cultura in senso lato: due distinte istituzioni, infatti, una privata e l’altra pubblica, la Fondazione Roma e l’Amministrazione comunale di Milano, neppure contigue geograficamente, si sono messe insieme per realizzare nelle rispettive città una grande mostra antologica che ripercorre tutte le fasi della produzione e della carriera artistica di Hopper, con alcuni capolavori celeberrimi e altri meno noti al pubblico.”
۱۱ VOLTI SELEZIONATI PER LA NUOVA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE A ROMA: donne, uomini e bambini sono stati scelti come testimonial di una mostra davvero per tutti.
L’evento Hopper ha visto realizzarsi un eccezionale coinvolgimento di pubblico grazie anche ad una originale e nuova campagna di comunicazione, realizzata prima a Milano e ora in uscita a Roma.
Più di ۲۰۰۰ i partecipanti allo shooting del 18 dicembre in Galleria Alberto Sordi a Roma, dove i passanti sono stati invitati a farsi fotografare su un set fotografico allestito nel centro della città.
Una eccezionale affluenza che ha portato alla scelta di ٦ scatti, con 11 soggetti tra i più accattivanti ed espressivi, che vedremo nei manifesti sui mezzi di trasporto urbano, dal 12 gennaio fino all'apertura dell'esposizione, con lo slogan “L'artista preferito di (nome)? Edward Hopper!”
Tutte le foto scattate per la campagna, e autorizzate all'utilizzo, saranno inoltre proiettate in mostra.
Organizzata e ideata da Arthemisia Group, in accordo con la Fondazione Roma, questa nuova campagna di comunicazione vuole guardare alle persone come “soggetti attivi”, piuttosto che come “consumatori”, al fine di creare un evento che sia prima di tutto un’esperienza unica e coinvolgente per il visitatore.
Le persone comuni sono protagoniste e testimonial dell’annuncio della mostra di Edward Hopper, pittore della vita quotidiana per eccellenza. Un esempio creativo, popolare e unico nel suo genere, che ha dato modo al pubblico di esprimere il proprio amore per l'arte ed essere per la prima volta parte integrante di una campagna promozionale nata con e per i fruitori.
LA MOSTRA
La storia di Edward Hopper è indissolubilmente legata al Whitney Museum of American Art che ospitò varie mostre dell’artista, dalla prima nel 1920 al Whitney Studio Club a quelle memorabili nel museo, del 1960, 1964 e 1980. Dal 1968, grazie al lascito della vedova Josephine, il Whitney ospita tutta l’eredità dell’artista: oltre 3000 opere tra dipinti, disegni e incisioni.
A cura di Carter Foster, conservatore del Whitney Museum, che ha concesso per l’occasione il nucleo più consistente di opere, la rassegna vanta tuttavia altri importanti prestiti dal Brooklyn Museum of Art di New York, dal Newark Museum of Art, dal Terra Foundation for American Art di Chicago e dal Columbus Museum of Art.
Suddivisa in sette sezioni, seguendo un ordine tematico e cronologico, l’esposizione italiana ripercorre tutta la produzione di Hopper, dalla formazione accademica agli anni in cui studiava a Parigi (si recò in Europa tre volte dal 1906 al 1907, nel 1909 e nel 1910), fino al periodo “classico” e più noto degli anni ‘۳۰, ‘٤۰ e ’٥۰, per concludere con le grandi e intense immagini degli ultimi anni. Il percorso prende in esame tutte le tecniche predilette dall’artista: l’olio, l’acquerello e l’incisione, con particolare attenzione all’affascinante rapporto che lega i disegni preparatori ai dipinti: un aspetto fondamentale della sua produzione fino ad ora ancora poco considerato nelle rassegne a lui dedicate.
Le prime sezioni “Autoritratti”, “Formazione e prime opere” e “Hopper a Parigi” illustrano le opere del periodo accademico e quindi le opere del periodo parigino. Mentre la sala dedicata a “La definizione dell’immagine: Hopper incisore” mette in evidenza la sua tecnica elegante e quel “senso di incredibile potenzialità dell’esperienza quotidiana” che segna l’inizio di una felice carriera.
Nella sezione titolata “L’elaborazione di Hopper: dal disegno alla tela”, che celebra la straordinaria mano di Hopper, viene presentato un gruppo significativo di disegni preparatori per il celebre Morning Sun (1952) e per il precedente New York Movie (1939). Questa sezione svela quanto il “realismo hopperiano” non sia una semplice riproduzione dal vero, bensì il frutto di una sintesi di più immagini e situazioni, colte in tempi e luoghi diversi, resa spesso al meglio con un taglio cinematografico.
Le sale dedicate a “L’erotismo di Hopper” e “I concetti essenziali: il tempo, lo spazio, la memoria” illustrano al meglio la poetica dell’artista, il suo discreto realismo e soprattutto l’abilità nel rivelare la bellezza nei soggetti più comuni, divenuti delle vere e proprie icone, come testimoniano i celebri capolavori esposti: Cape Cod Sunset (1934), Second Story Sunlight (1960) e A Woman in the Sun (1961).
La mostra è arricchita di un importante apparato fotografico, biografico e storico, in cui viene ripercorsa la storia americana dagli anni ’۲۰ agli anni ’٦۰ del XX secolo: la grande crisi, il sogno dei Kennedy, il boom economico. Un’occasione dunque per capire meglio anche la nuova crisi di oggi e l’America di Barack Obama.
Una mostra, unica nel suo genere, che i visitatori potranno vedere o rivedere a Roma come un nuovo affascinante evento, grazie alla presenza di altri importanti capolavori, in arrivo dai musei americani, e al suggestivo allestimento, appositamente realizzato per il Museo Fondazione Roma, oltre ad una rinnovata edizione del catalogo.
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